Giuliano Vangi
Grande racconto
dal 24 giugno al 25 luglio 2004
dal 24 giugno al 25 luglio 2004
ROTONDA DI VIA BESANA - Via Enrico Besana, 12 - 20122 Milano
Descrizione
Undici sculture e una quarantina di disegni, bozzetti preparatori che illustrano alcune fasi creative per giungere all'esecuzione definitiva delle sculture, compongono il "Grande racconto" di Giuliano Vangi che si dipana qui, alla Rotonda di via Besana. La mostra è stata realizzata dal Comune in collaborazione con lo Studio Copernico di Milano; l'allestimento è curato dagli architetti Mario Botta e Fabiano Redaelli. Il catalogo, una coedizione "De Agostini-Rizzoli" e "Studio Copernico", contiene saggi introduttivi di Renato Barilli (curatore della mostra insieme a Nicola Loi), Mario Botta, Francesco Buranelli, Marco Vallora.
Le sculture in mostra rappresentano, attraverso bronzo, graniti, legno e marmo, un racconto scolpito nella materia, una narrazione evocativa che analizza inquietudini, delusioni e speranze dell'uomo moderno. Un filo ideale collega le figure dinamicamente arrestate nei loro movimenti, un piano di sequenza le unisce per dividerle: ogni singola scena preannuncia la successiva intessendo con essa la trama originaria, lo svolgimento insieme unitario e particolare di questo "grande racconto". Nei disegni si evidenzia il tratto narrativo, la consapevolezza creativa di affrontare ed elaborare un tema fino alla risoluzione che scoprirà nel bronzo o nel marmo nuove forme e corpi. È un realismo spirituale, la chiave di lettura critica di Vangi verso la contemporaneità, come una forza trattenuta nella materia dalla quale nasce il racconto della vita.
Pochi artisti contemporanei hanno affrontato con altrettanta tormentata partecipazione il percorso esistenziale dell’uomo che Giuliano Vangi imprime, traccia e diffonde nei suoi lavori. Lo possiamo osservare ancora una volta in questa mostra alla Rotonda di via Besana allestita dagli architetti Mario Botta e Fabiano Redaelli per presentare e celebrare due opere destinate al museo giapponese di Hakone. In rassegna compaiono altre nove sculture e trentuno disegni di corredo utili alla maggior comprensione delle prove plastiche del nostro maestro.
La prima composizione concepita per il Sol Levante è Grande racconto del 2004 scavato nel marmo bianco di Carrara. Dall’imponenza della roccia, attraversata longitudinalmente da un vuoto, da una luce nel significato mai smarrito di speranza, si erge una quercia contorta che accompagna la fatica di un personaggio intento a staccarsi dalla complessa sostanza. Quale contrasto si propone al margine opposto la freschezza di una pianta in germoglio. Un secondo protagonista è seduto in paziente o rassegnata attesa; un'altra figura ancora sta lievitando su una parete. E' il racconto di una vita intinta nella precarietà e nella sofferenza.
La seconda composizione che varcherà l'oceano alla volta dell'Oriente si intitola Ricordo e rappresenta una donna ancora prigioniera della materia scura e compatta. Solo la testa, modellata in un granito chiaro brasiliano, si manifesta nella sua fiera bellezza mentre le mani, sottolineate da un leggero bassorilievo, sembrano voler avvolgere l'intera, severa superficie.
Passiamo quindi a esaminare le altre sculture esposte nella circostanza a partire da Uomo e caprone, un aggressivo bronzo del 2003 che pone a confronto e in assonanza la bruta forza di un individuo, che si carica sulle spalle la bestia appena macellata, e se stesso diventato bestia nel ghigno. La superficie è solcata da impronte, dal passaggio dei gesti e dei segni che accentuano la drammaticità della scena. Anche Uomo e animale di recente esecuzione propone il racconto di una metamorfosi di corpi che si incontrano e si trasformano come il volto scarnificato dell’uomo esausto appoggiato a un profilo di paesaggio che si fa carne e destino. Proseguendo su tale concetto di sopraffazione e di tormento incontriamo Il vincitore e quindi, sulla stessa linea narrativa, Ares: la vicenda del dominatore e del dominato viene qui espressa con la tagliente e brutale essenzialità che separa il tempo della vita dalla morte. E poi arriva la solitudine, già efficacemente rimarcata in alcuni dei lavori appena citati e proclamata dal nostro sguardo attirato da Agave, ovvero da un individuo seduto in un luogo deserto ( così ricorrente e angosciante il vuoto dentro e fuori di sé ) confortato unicamente dalla presenza del lungo stelo del fiore dell’agave, elemento di speranza e di misura di uno spazio altrimenti dominato dallo sgomento.
Con Persona in granito nero torniamo ai modi e ai climi di “Ricordo”, vale a dire a una figura femminile immersa nella pura bellezza e in una armonia formale fuori del tempo. Nel legno policromo, che distingue Uomo vestito di grigio del 2000, quello stesso tempo si materializza nello sguardo severo di questo personaggio leggermente curvo, le mani chiuse a pugno, che attende di affrontare le insidie del quotidiano. Anche Uomo con le mani in tasca del 1995 affronta la giornata dalla compattezza del bronzo ( con lega di nichel e oro ) su cui spicca un volto fiero addolcito e impreziosito da accenni di decoro. Invece Donna in piedi con ampio vestito del 1987 pare concedere il movimento delle pieghe e l'abbandono del capo al sogno, al dolce sorriso che muove il corpo al sollievo. Non tutto è smarrito dunque per l'umanità che scaturisce dall'ossessione creativa di Giuliano Vangi, interprete sublime dell'anima del mondo che ci seduce, ci plasma e ci determina.
LUCIANO CAPRILE
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